Tommaso Grossi, Marco Visconti



[...] Marco Visconti racconta gli infelici amori di Bice e Ottorino, vittime in apparenza della sfortuna e dell’interessata malvagità di quache intrigante, in realtà sopraffatti dall’insostenibile presenza di un eroe che incarna la virilità energica, irruenta e volitiva.
[...] Il Grossi profonde nel suo romanzo una sensibilità originale, che concilia la predilezione romantica per gli affetti teneri, le accensioni del sentimento, le situazioni di più intensa ed effusa commozione, con una facoltà d’introspezione psicologica singolarmente acuta, capace di momenti di inattesa, spregiudicata modernità.
Dalla seconda di copertina della mia edizione. 

Era da anni che intendevo leggere questo libro ed era da anni che Marco Visconti risiedeva tra i non letti. Questa estate giunse anche il suo momento, insieme all’altro non letto d’eccezione, House of leaves. 

Trattasi di romanzo storico apparso nel 1834, che andò a inserirsi nel filone reso glorioso da Walter Scott e Alessandro Manzoni. Manzoni che era amico del Grossi e che è il dedicatario dell’opera. 

Il libro è ambientato in una Lombardia trecentesca un po’ da cartolina e teatro delle azioni più e meno eroiche dei Visconti, dell’imperatore Ludovico il Bavaro, degli alleati dei due papi — quello ad Avignone e quello a Roma — della nobiltà e delle persone... definiamole comuni. Marco Visconti è un calderone in cui si mescolano pseudo-folgorazioni manzoniane, temi dell’eroe tragico, spunti romantici, azione e avventura. 

Pretesto conveniente per raccontare di tante storie e peripezie è la nascita repentina dell’amore tra Ottorino Visconti, cugino di Marco, e Bice, figlia del Conte del Balzo. Il redattore della seconda di copertina scrive che i due amanti sono “sopraffatti dall’insostenibile presenza di un eroe che incarna la virilità energica, irruenta e volitiva” (vedi sopra). Personalmente mi è parso che Grossi non sia riuscito a decidersi tra la fantasia dell’amore romantico bruciante e impossibile che — normalmente — sfocia in tragedia e l’amore di coppia inserito nel contesto sociale e storico di riferimento che — al contrario — porta a un adempimento realistico del destino degli amanti. L’amore tra Ottorino e Bice sa tanto di esperimento letterario mal riuscito con finale che ha poco senso. 

Marco Visconti sarà anche colui che ha dato il titolo al romanzo, ma del protagonista ha poco: non porta quasi mai avanti l’azione, salvo forse un paio d’eccezioni, come l’episodio spassosissimo della singolar tenzone alla giostra di Milano; quando fa l’eroe, lo fa nelle reminiscenze degli altri personaggi. Ammetto, però, che questo riesce bene a creare attorno a Marco l’aura dell’eroe tragico che va inevitabilmente incontro al proprio destino. Ogni volta che appariva, che sbraitava, che qualcuno raccontava delle battaglie che aveva combattutto non potevo fare a meno di immaginarmelo su un palco, attore di un dramma shakespeariano. 

Quelli che, effettivamente, qualcosa fanno sono due personaggi secondari: Lupo, scudiero di Ottorino, e Tremacoldo, cantore e improbabile prete. Il primo combatte un duello, difende il paese d’origine dai mercenari, si distingue nella difesa di Milano assediata da Ludovico il Bavaro, parte per la Toscana alla ricerca di Marco quando le cose precipitano... Tremacoldo ci delizia con la sua poesia, è tra coloro che animano la giostra di Milano e, a un certo punto, toglie anche Lupo da una situazione difficile permettendogli di fare evolvere la trama. 

Sostanzialmente trovo Marco Visconti un libro divertente, non sempre di lettura scorrevolissima a causa dei lombardismi nella lingua, scritto da un’autore che era stato rapito dal genio narrativo di Manzoni, era rimasto colpito dai racconti di Walter Scott e si portava dietro il proprio bagaglio di fine osservatore del carattere. A proposito del bagaglio personale del Grossi, il curatore della mia edizione, Mario Barenghi, parla di scrittura intimista... mah, sarà che quando penso all’intimismo penso, più che altro, alla scrittura di Adalbert Stifter, ma parlare di scrittura intimista per Grossi mi sembra quasi un’iperbole.

See you soon cyberspace cowboy…

Bibliografia:
Tommaso Grossi, Marco Visconti
, Milano, Arcipelago Edizioni, 1994

Commenti

  1. Non conoscevo questo libro. Devo dire che sembrerebbe il mio genere, ma la tua recensione mi fa un po' dubitare. Mi sei sembrata piuttosto "ambigua" nell'esprimere il tuo giudizio. Ho come l'impressione che non ti abbia convinta totalmente.

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  2. @Elisa
    Posso azzardarmi a dire che questo libro è il tuo genere perché è un romanzo storico ambientato nel basso medioevo nella lombardia viscontea.
    Marco Visconti è piacevole ed è pure un classico di un certo rilievo nel panorama della narrativa in prosa italiana dell'epoca. Grossi, però, è abbagliato dallo stile manzoniano, senza riuscire a imitarlo, e questo lo si avverte per tutta l'opera, che è appunto un mescolone, una sperimentazione, un tentativo di inserire più stili e topoi. Sicuramente è interessante leggere una delle poche opere italiane romantiche in prosa che ancora hanno una certa importanza e che sono un calderone di sperimentazioni.
    Mi è piaciuto, ma consiglio e-book (di cui si dovrebbe trovare un'edizione gratuita), se la lettura di libro elettronico non è scomoda.

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  3. Ciao Ludo! Sono una nuova iscritta! :)

    Mi ha fatto piacere leggere la tua recensione, ma sono sicurissima che non faccia al caso mio come libro! Non amo particolarmente i romanzi storici, o meglio non quelli "puri"! Mi piacciono se c'è magari un lato Romance o Mistery! :)

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  4. @Sara Sara
    Grazie!
    Questo è un romanzo storico un po' pasticciato. Sicuramente non si avvicina a un romance di ambientazione storica.

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  5. È evidente che, quando comparve, il romanzo storico dovesse cercarsi una propria "sistemazione" in termini di genere, di correttezza delle trame. Questo sarà stato un tentativo un po' maldestro.
    È un tipo di romanzo talmente difficile da costruire, non è un caso che i vari Manzoni, Tolstoj, Scott, Hugo siano da sempre ritenuti geni della scrittura e della conoscenza.

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  6. @Luz
    Concordo con te.
    In questo romanzo si percepsice davvero lo sforzo di Grossi.

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