Becky Chambers, A closed and common orbit (A closed and common orbit. L’orbita ordinaria)

Lovelace, un’Intelligenza Artificiale che si è ritrovata costretta in un corpo umano sintetico. Pepper un’umana creata artificialmente. Della prima seguiamo il presente, in cui cerca di venire a capo con quello che è e quello che vuole. Della seconda seguiamo il passato da schiava e, poi, da fuggitiva allevata da un’Intelligenza Artificiale.

Per chi fosse interessato, questo romanzo è edito in italiano da Fanucci con titolo A closed and common orbit. L’orbita odinaria.

A closed and common orbit è ambientato nello stesso universo di The long way to a small, angry planet, di cui avevo scritto in precedenza.

Ammetto subito che questo romanzo è stato un po’ anti-climatico. Già sapevo di non dovermi aspettare dalla Chambers fantascienza hard core, ma qui la fantascienza è più una scusa che uno strumento. Si tratta di una storia su diversità, discriminazione, fallibilità e inadeguatezza degli esseri viventi che avrebbe potuto essere ambientata ai giorni nostri, così come alla fine del XIX secolo e, naturalmente, anche in un futuro non specificato, nella nostra galassia o in una lontana, lontana.

Nei ringraziamenti finali l’autrice sostiene di aver scritto A closed and common orbit in un anno piuttosto difficile della sua vita… Probabilmente, se la Chambers lo avesse scritto in un altro momento, il romanzo sarebbe stato diverso e io lo avrei trovato più accattivante.

In questo libro si affrontano argomenti spinosi quali la possibilità di realizzare intelligenze artificiali così sviluppate da poter essere considerate sulle stesso piano dei Sapients (i Sapiens o Sapiens Sapiens della galassia) e quella di creare la vita artificialmente. Soprattutto, una volta compiuti questi passi, quali diritti acquisiscono questi ‘prodotti’ e come ci dobbiamo porre nei loro confronti? Quando si dice fare il passo più lungo della gamba…

Questi temi erano già stati toccati nel libro precedente. Qui si ribadisce come i Sapients — di conseguenza, gli uomini — non sappiano sempre esattamente quello che stanno facendo o se quello che fanno è giusto. Cosa possono sapere, dopo tutto, della vita? Per non farsi schiacciare dall’esistenza, hanno bisogno di sentirsi in controllo e, perché questo avvenga, creano delle regole che se possono giovare a tanti è pure vero danneggiano altri.

Naturalmente non si offrono delle soluzioni nel romanzo, ma solo la risoluzione finale che ribadisce quanto grigia sia la nostra moralità e come sia una parte inevitabile di noi stessi e ci faccia ‘tirare avanti’ in un universo che ci spaventa e di cui capiamo ben poco.

Consigliarlo, lo consiglio purché si tenga presente che è ancora meno fantascientifico di quanto non fosse The long way, nonostante l’ambientazione.

Ora mi attende il terzo romanzo, Record of a spaceborn few, in cui si dovrebbe scoprire che cosa è successo alla Terra e agli esseri umani. Quanto meno è quello che mi auguro. Da quando mi sono imbattuta in questa serie, è quello che mi incuriosisce maggiormente.

See you soon cyberspace cowboy…

Bibliografia e link:
Becky Chambers, A closed and common orbit, London, Hodder & Stoughton, 2017
Scrissi di The long way to a small, angry planet qui: https://ludo-ii.blogspot.com/2021/05/becky-chambers-long-way-to-small-angry.html

Commenti

  1. Non conoscevo questa serie e il fatto che l'ambientazione fantascientifica sia solo un pretesto non mi invoglia particolarmente alla lettura :/ Chissà, forse potrei dargli una possibilità comunque in futuro! Contenta però che a te in qualche modo stia appassionando.

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    1. Il primo libro della serie mi era piaciuto. Dalla Chambers non bisogna aspettarsi pura fantascienza, però The long way to a small, angry planet aveva decisamente più elementi del genere che non questo.

      Continuo la serie perché sono troppo curiosa di sapere che destino si è inventata per la Terra e gli umani.

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  2. Non è molto nelle mie corde questo tipo di romanzo anche se l'ambientazione nel mondo della fantascienza è solo un pretesto.
    Pone però difficili interrogativi sui quali ultimamente mi sono trovata spesso a riflettere complici anche alcune letture.

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    1. Mi ricordo, in effetti, il tuo post dedicato a Precurrit fatum, che mi ispira parecchio.

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