John Steinbeck, East of Eden (La valle dell’Eden)


Nella valle Salinas, in California, tra gli anni successivi alla Guerra di secessione e la Prima guerra mondiale, si intrecciano le vite di due famiglie, gli Hamilton e i Trask. Un romanzo storico e una saga familiare in cui si esplorano il conflitto tra bene e male, il libero arbitrio, l’identità, gli effetti dell’amore o della sua assenza e le debolezze dell’uomo.

Per chi fosse interessato, questa opera è edita da Bompiani con titolo La valle dell’Eden.

Pubblicato nel 1952, è uno degli ultimi lavori di Steinbeck. Si tratta di un romanzo estremamente complesso in cui l’autore figura in due ruoli: personaggio secondario e narratore onnisciente. Due ruoli antitetici, come è intuibile ed effettivamente riscontrabile durante la lettura, anche se al lettore risulta facile accettare questa licenza letteraria che lo scrittore si prende.

East of Eden nasce dalla rivisitazione e rielaborazione del libro della Genesi, nell’Antico testamento. In particolare Steinbeck riprende le figure di Eva, Abele e Caino e il filone narrativo dedicato a quest’ultimo, capostipite di una stirpe da cui deriva parte dell’umanità. Dopo l’uccisione di Abele, Caino si stabilisce nella terra di Nod, a est dell’Eden (di qui il titolo dell’opera, purtroppo non reso letteralmente in italiano), dove darà origine alla propria progenie. Nelle poche righe dedicate alla storia di Caino, sappiamo che Dio ci tiene a specificare che sta a lui — e, di conseguenza, all’uomo — dominare l’istinto al peccato.

Stando a quanto si racconta nel romanzo, e che si può riscontrare nelle traduzioni della Bibbia, in inglese si trova dovere dominare l’istinto al peccato. Apparentemente, tuttavia, nell’originale ebraico, si troverebbe potere dominare l’istinto al peccato. La scelta, quindi, viene lasciata nelle mani dell’uomo. E proprio il libero arbitrio è un tema centrale del romanzo.

Altro topos esplorato è la dialettica tra bene e male, che viene proposta in due generazioni della famiglia Trask attraverso l’opposizione tra fratelli: Adam e Charlie prima, Aron e Caleb poi, che naturalmente richiamano le figure di Abele e Caino. Fratelli che, però, sono decisamente più multidimensionali e grigi di quanto ci si potrebbe aspettare dalla rappresentazione di bene e male. Forse perché bene e male non sono assoluti nella storia dell’umanità. Per quanto riguarda il narratore, poi, ci spiega di essere convinto che l’essere umano voglia, fondamentalmente, essere amato e che ciò lo conduca a fare quello che istintivamente crede essere bene.

Forse proprio a causa di questa sua convinzione, il narratore è confuso da Cathy Ames, la moglie di Adam, che ci appare nera, il male personificato, un enigma almeno fino al capitolo cinquanta, dove sovviene un dubbio sulla sua vera natura.

Se gli esponenti della famiglia Trask sono strumentali al trattamento narrativo di temi cari all’autore, è attraverso la famiglia Hamilton che Steinbeck ancora solidamente alla realtà quella che potrebbe essere una storia. Samuel Hamilton, il colto, saggio e umanissimo amico di Adam Trask, è forse l’eroe con cui è più facile simpatizzare e identificarsi e altri non è che il nonno di John Steinbeck. Se gli esponenti dei Trask sono figure drammatiche e funzionali all’economia del racconto, gli Hamilton siamo tutti noi, tutti i giorni, persone ugualmente appassionate con delle esistenze altrettanto intense, per quanto non narrate in un romanzo.

Quando si vuole parlare (scrivere) de La valle dell’Eden, credo sia inevitabile soffermarsi sui macro argomenti che affiorano nella lettura, finendo per sorvolare sui contenuti della storia. Come tutte le saghe familiari, East of Eden è il racconto lungo e complesso di diversi personaggi che si scontrano con la realtà e di come le loro vite attraversano la storia.

Per quanto mi riguarda, nel corso della lettura, ma soprattutto arrivata alla fine del romanzo, i topoi di fondo e legati alla rielaborazione della Genesi sono quelli che ho considerato più preziosi. Prima di convincermi a prendere in mano l’opera, però, ricordo di essermi sentita scoraggiata proprio per aver sentito accennare a quegli stessi temi. Quello che posso scrivere qui è che la lettura de La valle dell’Eden è decisamente più scorrevole e naturale di un trattato di filosofia mascherato da romanzo, quindi il mio consiglio è semplicemente di concentrarsi sulla storia. Il resto verrà da sé.

See you soon cyberspace cowboy…

Bibliografia
John Steinbeck, East of Eden, New York, Penguin Books, 2016

Commenti

  1. Non ho ancora avuto modo di approcciarmi a Steinbeck, volevo partire da uomini e topi e spero di recuperarlo presto. La tua recensione mi è piaciuta un sacco e adesso sono curiosa di recuperare anche questo! E tra parentesi, ma quanto sono belle le copertine della Penguin?? **

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    1. Per qualche ragione, non mi ero mai sentita attratta dall'opera di Steinbeck, ma a forza di sentire parlare de La valle dell'Eden, mi sono decisa a leggere questo romanzo che mi è piaciuto moltissimo, contro ogni aspettativa.

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  2. Adoro lo Steinbeck di Furore, il solo suo romanzo letto finora. Mi prefiggo di leggere molto altro di suo e potrei proseguire proprio con questo mirabile romanzo, da cui fu tratto quel bellissimo film. Peccato davvero per il titolo, rendeva così bene tradotto alla lettera.

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    1. Confesso che a me l'opera di Steinbeck non ispirava affatto, poi mi decido a leggere La valle dell'Eden e ne rimango totalmente rapita. Del film ho visto giusto qualche scena, ma mi incuriosisce.

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  3. Non ho mai letto il libro. Ricordo di aver visto però anni fa il film anche più di una volta.

    Come sai non ho molto amore per la letteratura americana. Infatti lessi lessi Furore di Steinbeck e non mi entusiasmò moltissimo.
    Il tuo post su La Valle dell'Eden però mi ha incuriosito. Chissà forse un giorno...

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    1. Anche io mi avvicino con fatica alla letteratura americana perché tendo a essere decisamente più attratta da quella europea.

      Per quanto riguarda La valle dell'Eden, avevo il terrore non mi sarebbe piaciuto, ma, a forza di sentirne parlare, mi sono buttata e non me ne sono pentita. Furore, sinceramente, non mi ispira, ma chissà...

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