N. K. Jemisin, The fifth season (La quinta stagione)


Così il mondo finisce per l’ultima volta. Si incomincia con la grande spaccatura che si apre sull’unico continente al mondo, da cui eruttano ceneri che oscurano il sole. Si incomincia con la morte, con l’omicidio di un figlio e una figlia di cui si sono perse le tracce. Si incomincia con il tradimento e la riapertura di vecchie ferite. Questo è Stillness, un mondo che ha familiarità con le catastrofi, dove la potenza della terra viene brandita come un’arma. E dove non c’è pietà.
Sinossi liberamente tradotta dal testo presente sul retro del mio esemplare.


Per chi fosse interessato, questo romanzo è stato pubblicato in italiano, con titolo La quinta stagione, da Mondadori.

Primo volume della trilogia Broken Earth (La Terra spezzata) di N. K. Jemisin, vincitore del premio Hugo, come migliore romanzo, nel 2016.

Trattasi di un romanzo di fantascienza che ci racconta della fine di un mondo, che potrebbe essere il nostro in un prossimo futuro, così come un pianeta completamente diverso. Su questo pianeta esiste un unico grande continente the Stillness, che è tutto fuorché immoto: è continuamente percorso da scosse di terremoto di un certo rilievo, le sue coste sono spazzate via da maremoti e sulla sua crosta ribollono vulcani attivi.

Tra le persone che abitanto Stillness, troviamo una particolare categoria, gli orogeni, capaci di controllare le scosse della terra. Le loro capacità rappresentano sia un potere salvifico che distruttivo e, forse per questo, gli altri esseri viventi li temono e tollerano la loro esistenza solo quando sono sottomessi e schiavi di un potere superiore che si propone di sfruttarli per tenere sotto controllo l’ira terrestre.

Nella buona sostanza questo romanzo prende ispirazione da tante tematiche attuali — su tutte, discriminazione e inquinamento — le rielabora e proietta il tutto in un futuro fantascientifico per indagare le conseguenze a cui possono portare certi atteggiamenti umani.

Se Lem abbracciò la fantascienza perché credeva che la psiche umana fosse troppo complessa per essere presa in considerazione in qualsiasi altro genere di narrativa, la Jemisin probabilmente lo fa perhé il genere fantascientifico si presta a risultare profetico. In realtà, però, le intenzioni degli autori contano fino a un certo punto, soprattutto dopo che una loro opera diventa arte fruibile da un vasto pubblico e i suoi significati divengono infiniti, non solo uno e non solo quello che voleva l’autore.

Per quanto mi riguarda, ciò che più ho apprezzato di questo romanzo sono struttura e qualche sottile trovata.

La narrazione si articola in diversi piani temporali e lo si capisce quasi subito, ma dietro questa forma di narrazione si nasconde anche altro, che si scopre in un secondo momento.

Come in Dune la storia di Paul Atreides è diventata un’epopea letteraria di cui ci vengono regalati scorci all’inizio di ogni capitolo, anche Stillness ha una sua interessante e oscura tradizione letteraria che affonda le proprie radici nel folclore e di cui scopriamo dei frammenti alla fine di ogni capitolo.

Per i bambini i pronomi personali di terza persona singolare sono interscambiali a prescindere dal genere di nascita.

Il modello di vita sotterranea in cui ci imbattiamo a un certo punto mi ha ricordato le tavole e i fotogrammi del manga e dell’anime di Neon Genesis Evangelion.

Il termine rogga con cui si indicano gli orogeni in modo dispregiativo, ricorda molto un altro termine con una doppia g gutturale, anche esso considerato dispregiativo attualmente, che non scrivo perché il mio account potrebbe venire bloccato.

Una parte assai consistente del romanzo è narrata in seconda persona singolare. Ciò può essere sia croce che delizia per molti lettori. Personalmente l'ho trovato un po' affaticante per le prime sessanta pagine: in teoria avrebbe potuto rendere la lettura più coinvolgente, al contrario la scrittura l'ho percepita talmente impersonale da risultare quasi glaciale come quella di Flaubert.

Nella narrazione lo spazio è lasciato quasi esclusivamente a figure femminili, eppure, per me, a brillare è stato un uomo, Alabaster. Nemmeno Essun, forse il personaggio più multisfaccettato e accattivante, è riusicta a rubargli la scena.

Penso che questo romanzo (e il resto della trilogia) stia facendo tanto parlare di sè soprattutto per l’indagine sulle tematiche attuali mascherate in circostanze caratteristiche di un altro universo, apparentemente lontano dal nostro. Credo che sia questo quello che ci vede la maggior parte dei lettori e che ci ho visto io.

Sarà interessante vedere come reagirà alle variabili culturali e sociali che sono in continuo mutamento.

See you soon cyberspace cowboy…

Bibliografia:
N. K. Jemisin, The broken Earth trilogy, Volume 1, The fifth season, New York, Orbit, 2015

Commenti

  1. Confesso di non aver mai letto Dune e so che è una lacuna che dovrei colmare.
    Detto ciò questo libro mi attira parecchio, ma un'altra trilogia... aiuto!

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    1. Dune è sicuramente un'opera immensa e apprezzabile, ma non mi è piaciuto, in tutta sincerità.
      Quanto alla trilogia Broken Earth, non l'ho ancora conclusa, ma, mentre leggevo il primo libro, mi chiedevo: "Ma era proprio necessario farla diventare una trilogia?"

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    2. Concordo su Dune, non mi ha fatto impazzire il primo libro e non ho mai proseguito la sua lettura ... Però sto facendo un pensiero sul nuovo film che dovrò uscire quest'anno ì, mi ispira parecchio!

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  2. E' un libro complesso, molto stratificato, con maschere, un forte senso del non detto e tanto da leggere tra le righe. Non è facile entrare in connessione con esso e i suoi protagonisti, all'inizio sono un solido muro di gomma. La prima volta che l'ho letto, a pagina 400 e passa l'avrei defenestrato perché pensavo di non capirci una fava e pensavo a chi cavolo avesse potuto dargli il Nebula, poi l'epifania, tutto si schiarisce e la nebbia si dirada, lo si apprezza, lo si comprende e si trova la chiave di lettura ultima. Va detto che è un libro in cui più ci si vede se più ci si specchia ... per cui diventa un libro piuttosto soggettivo (per me almeno). Concordo assolutamente sulla figura maschile. La pecca maggiore a mio gusto? Sebbene sia un'opera molto valida ... una trilogia (ripeto, a mio gusto) è pensiero fin troppo lungimirante.

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    1. Per me le prime 66 pagine sono state piuttosto dure, poi mi sono lasciata trasportare. Non ho ancora finito la trilogia, ma, leggendo il primo libro, anche io mi sono chiesta perché hanno dovuto far diventare Broken Earth un'opera in tre volumi.

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    2. mah .. non so, secondo me avrebbe giovato moltissimo all'opera essere un volume unico. Sono curiosa di sapere cosa ne penserai arrivata al terzo volume !

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  3. No, un'altra trilogia?!?! XD Avevo vagamente sentito nominare questo titolo ma non sapevo di che trattasse, e ora la tua recensione mi ha affascinato moltissimo ma credevo fosse un volume unico! XD Va bè, comunque è davvero molto intrigante, a parte tutto anche la questione tettonica mi incuriosisce molto!

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    1. Eeh... Io devo ancora terminare la trilogia, quindi non so se, alla fine, saprò giustificare la presenza di tre volumi. Vedremo.

      Se ti incuriosisce la tettonica, questo è uno scossone dall'inizio alla fine. E che cosa non si nasconde sotto terra...

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    2. Adesso però sono ancora più curiosa! Va bene, me lo segno, con l'appunto di attendere di saperne di più sui volumi successivi...

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