Italians do it... for the better or for the worse

Carrellata di libri scritti da italiani, tutta in pillole perché ultimamente mi trovo a fare la giocoliera: tanti impegni e sempre lo stesso tempo. In ogni caso,  3 autori e 1 autrice. Prima le signore...

Stefania Bertola, Romanzo rosa
Olimpia fa la bibliotecaria, è un'amante del cappuccino al bar, e la vera passione — la passione che tutto travolge — l'ha provata solo per tre giorni, nel 1977. Paola è avvocato, si è lasciata un matrimonio alle spalle e indossa vistosi giubbotti da aviatore. Nicola, invece, è un tipo che non si fa notare: brunetto, sui trenta, è anche carino, ma bisogna guardarlo sette o otto volte per accorgersi di lui. Manuela, poi, ha quarant'anni ed è disoccupata, ma investe i cento euro di un Gratta e Vince per partecipare al corso in cui tutti questi personaggi s'incrociano: Come scrivere un romanzo rosa in una settimana, che Leonora Forneris, insegnante spinosa e scrittrice di fama, tiene al Circolo dei Lettori. Con la ricetta giusta e i trucchi del mestiere per confezionare, lezione dopo lezione, pagina dopo pagina, giorno per giorno, un Melody di sicuro successo.
Tra passioni di carta e flirt reali, marmellate alle arance amare e misteriose limousine, uomini che amano i cani e donne che amano i gatti, Stefania Bertola ci trasporta con ironia e intelligenza in un universo dalle tinte pastello, creando un romanzo che sa di rosa. In ogni senso.
(Sinossi riportata sulla quarta di copertina della mia edizione.)

Un po' romanzo, un po' meta-romanzo e un po' romanzo nel romanzo, divertente e frizzante, narrato un po' dalla bibliotecaria Olimpia, un po' dalla signora Forneris e un po' da altri personaggi, a rispecchiare la struttura che la Bertola ha dato alla sua opera.

Per quanto questo romanzo, in linea generale, mi sia piaciuto, mi ha fatta prudere le mani come se non ci fosse un domani a pagina 5:

I Melody e i Gialli Mondadori vivono un'esistenza precaria e clandestina sui carrelli, non hanno posto negli scaffali. Non sono catalogati, non hanno schede, e i clienti della biblioteca li possono prendere con una certa noncuranza. Non so mai come chiamarli, clienti lo so che non va bene, ma certo non posso chiamarli, pazienti. Probabilmente il termine giusto è «frequentatori».

No, no, no! Per quanto la Bertola voglia essere spiritosa, per quanto faccia auto-dichiarare ignorante Olimpia a pagina 20, la suddetta bibliotecaria, con un'esperienza di almeno trent'anni (pagina 199) alle spalle, non può chiedersi come definire le persone che hanno a che fare con una biblioteca senza lavorarci! UTENTI, UTENTI, UTENTI! Utenti è il termine tecnico che raggruppa una molteplicità di soggetti funzionali. Questa è una cosa che si impara la prima settimana che si mette piede in una biblioteca, come volontario o come dipendente (non necessariamente bibliotecario,) e indipendentemente dall'istituto in cui si mette piede, che sia la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, la Biblioteca Universitaria di Bologna o la Biblioteca di Pizzighettone! Si tratta di una cosa così ovvia che la leggerezza che si riscontra nel paragrafo sopra diviene davvero una caduta nel tenore del romanzo. Sarebbe stato meglio far dire a Olimpia che non se la sentiva di definire «utenti» quelli che leggono Melody e Gialli Mondadori.

Mi sento pungente e mi viene da chiedere se la Bertola credesse di avere gioco facile facendo fare la bibliotecaria a uno dei suoi personaggi. Niente è scontato, tanto meno la professione del bibliotecario.

Ci sarebbero altre due cose su cui la Bertola, secondo me, ha calcato troppo la mano, ma sono di minore importanza.

Nonostante ciò che ho appena scritto, il libro mi è piaciuto e mi ha regalato la spensieratezza che cercavo.

Diego De Silva, La donna di scorta
S'incrociano in una mattina di pioggia, su un marciapiede scivoloso. Dorina che ta tesi a pagamento e Livio che fa l'antiquario. Subito s'innamorano. Dorina, una giovane single, e Livio, un uomo sposato... Ma i ruoli di quella che potrebbe sembrare un'ordinaria relazione fra amanti clandestini s'invertono fin dall'inizio. Livio, radicato in una solida vita matrimoniale, si trova invischiato in un rapporto privo di gerarchie che la sua normalità non può reggere. Perché Dorina non vuol prendere il posto di sua moglie. Non chiede niente più di quello che Livio è disposto a darle. Accetta la sua condizione di marito e di padre con una naturalezza che sconvolge l'assetto ordinato della vita di lui. Tanto da fargli montare dentro l'ossessione di sapere se il silenzio di Dorina, la sua mancanza di domande, la sua tranquillità ogni volta che lo vede tornare in famiglia, la luce tiepida e rassegnata che raddolcisce lo sguardo siano cicatrici o esperssioni naturali della sua persona.
(Sinossi riportata sul retro della mia edizione.)

Sicuramente la più originale storia con un'amante che abbia letto dai tempi de L'antico sigillo di Adalbert Stifter. Il fatto, poi, che De Silva si faccia intimista e si volga all'introspezione in questo romanzo sicuramente ha gratificato il mio gusto personale. Non scrivo, ma se scrivessi mi piacerebbe scrivere come Diego De Silva... o Adalbert Stifter o la Marchesa Colombi o Camillo Boito, in vero, ma mi so accontentare.

Ho amato questo libro più di — sì, oso dirlo — Non avevo capito niente sempre di De Silva, che adorai. Ho iniziato a leggere La donna di scorta la sera tardi, subito dopo aver terminato Romanzo rosa, e mi sono dovuta costringere ad andare a dormire perché il giorno seguente dovevo alzarmi presto per andare al lavoro... ho finito per svegliarmi ancora più presto per poterlo terminare!

Il tradimento, per me, è sempre un topos difficile da affrontare in letteratura: molto spesso mi faccio prendere e soffro, ci sto male... la maggior parte delle volte, non leggo un romanzo che so essere incentrato sul tradimento, soprattutto se ambientato nella contemporaneità. Con La donna di scorta, tuttavia, ho voluto rischiare perché mi intrigava la sinossi e De Silva mi aveva già colpita molto positivamente. Non me ne sono pentita: non sono riuscita a soffrire, ho goduto, invece, del modo di narrare la storia, della descrizione dei personaggi e dei loro stati d'animo; ne ho apprezzato l'essenzialità, la brevità e l'originale, brusco finale.

Che altro c'è da dire? Una confessione: sorprendentemente, penso non troverò mai l'ispirazione giusta per rileggere La donna di scorta dall'inizio alla fine, al contrario di Non avevo capito niente, che riprenderei in mano, per intero, anche da domani (se non fosse stato spedito in Italia o non mi sentissi 'minacciata' dalla scorta di libri.)

Franco Matteucci, La mossa del cartomante
La quiete della valle di un piccolo paesino di montagna è turbata da una terribile disgrazia. Marietta Lack, la sarta di Valdiluce, è morta nell'incendio della sua abitazione. Una sciagura inaspettata: inizialmente tutti sembrano convinti che le fiamme siano divampate per un tragico incidente. Tutti tranne l'ispettore Santoni. Lupo Bianco, è questo il nome con cui tutti lo conoscono in paese: il suo istinto infatti lo porta a non credere mai alle coincidenze. Mentre fervono i preparativi per l'inizio della coppa del mondo di sci, altri delitti si susseguono, uniti da strani indizi esoterici, e Santoni, che conosce bene quei luoghi, dovrà mettere insieme i pezzi di un puzzle macchiato di sangue.
(Sinossi riportata in seconda di copertina della mia edizione.)

Secondo capitolo della serie Le indagini dell'ispettore Santoni (il primo, Il suicidio perfetto, è uscito lo scorso anno.) Sinora questi gialli di Matteucci sono usciti tutti tra l'inverno e la primavera, ma io me li sono sempre letti d'estate perché attratta dagli ambienti innevati in ogni periodo dell'anno, specialmente quando si tratta di ambientazioni letterarie. 

«È nel saper cogliere il valore non superficiale dei dettagli, che Matteucci, giovandosi della concretezza imposta dal giallo, trova la sua cifra narrativa più convincente.»
"Corriere della Sera"

E, antiteticamente, è proprio nel soffietto editoriale qui sopra che per me sta il fulcro che non mi fa mai apprezzare fino in fondo questa serie di Matteucci. Capisco che il lettore di giallo medio tende a volere qualcosa di particolarmente scorrevole, ma a me... è come se i libri di Matteucci fossero pieni di occasioni mancate per approfondire, per lasciarsi andare a qualcosa di più elaborato, a una prosa più articolata. 

Ho letto questo romanzo subito dopo aver terminato Mayhem di Sarah Pinborough e continuavo a ripetermi che avrei potuto apprezzare La mossa del cartomante allo stesso modo se Matteucci avesse messo a frutto le proprie capacità in modo a me più congeniale.

A parte questo, continuano a non piacermi le donne di Marzio Santoni e come sono descritte le relazioni sentimentali di Lupo Bianco. Tant'è vero che mi chiedo se Matteucci lo fa apposta per far capire che il protagonista non ha ancora trovato la persona giusta. Penso sia più probabile, però, che semplicemente queste donne e queste situazioni a due non mi coinvolgano positivamente per come sono naturalmente fatta io.

Nonostante questa sequela di incertezze, credo proprio continuerò a leggere degli omicidi che si susseguono a Valdiluce perché, dopo tutto, mi piacciono, sono curiosa e... vogliamo mettere le copertine? Ah, il potere del paratesto.

Giacomo Leopardi, Canti
Non c'è alcunché da scrivere, ovviamente.
Leopardi ha scritto di tutto, sotto qualsiasi forma. Penso che si possa sempre trovare qualcosa di nuovo nella sua produzione personale, anche se il lettore dovesse arrivare alla fine dei suoi scritti e ricominciarli daccapo.
Avvicinarsi alla sua opera è come affacciarsi a una finestra su un'epoca, percepita attraverso il filtro di Leopardi, ma che resta un panorama che si perde a vista d'occhio.

Sostanzialmente segnalo questa mia lettura perché grazie all'edizione pillole BUR, anche chi non ha un e-reader può portarsi dietro facilmente una copia dei Canti di Leopardi annotata. Mi capita di rileggere spesso le sue poesie, ma di solito salto sempre quelle che si rifanno a un modello classico e che trovo più ostiche, ma ho riletto anche quelle in questo librino che si può portare facilmente in borsa (ho continuato a trovare le poesie di taglio classico dure da leggere, però.)     

Bibliografia e URL:
Stefania Bertola, Romanzo rosa, Torino, Einaudi, c2012
Diego De Silva, La donna di scorta, Torino, Einaudi, c2001
Ho scritto estensivamente di Non avevo capito niente, soprattutto qui: http://ludo-ii.blogspot.co.uk/2014/05/diego-de-silva-non-avevo-capito-niente.html
Franco Matteucci, La mossa del cartomante, Roma, Newton Compton, 2014
Ho scritto di Mayhem di Sarah Pinborough qui: http://ludo-ii.blogspot.co.uk/2014/07/prima-il-male-poi-il-perturbante-infine.html
Giacomo Leopardi, Canti, Milano, BUR, 2011

Commenti


  1. Utenti... utenti! Non lo sapevo :D
    Lo dicono sempre, che qualcuno ti sgamerà prima o poi se non fai un'accurata ricerca su ciò che scrivi. E per così poco, si perde l'immersione nella storia, peccato...
    Romanzo Rosa è esagerato, come spesso accade con la narrativa comica. A me è piaciuto per come è scritto e perché tratta un argomento (i romanzi rosa e anche i *lettori* di romanzi rosa) che mi interessa particolarmente.

    La Donna di Scorta... anche io l'ho letto d'un fiato (ma il finale troncato NON mi ha soddisfatto!). La Lei della situazione è una donna forte, il Lui non è viscido, per fortuna; ma l'argomento Tradimento mi è sempre un po' ostico. De Silva in ogni caso riesce a creare dei personaggi così particolari che non puoi non rimanerne affascinata.

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  2. @Nina Romanzo rosa mi è piaciuto e l'ho trovato quasi sempre esagerato al punto giusto, tranne che per la storia degli utenti, lo ammetto.

    Per quanto riguarda La donna di scorta, stranamente sono riuscita a prenderlo in mano anche se trattava il tema del tradimento, con cui non ho un buon rapporto in letteratura. Adorati entrambi i personaggi. Il fatto che, poi, Lui/Livio non sia viscido ha giocato a favore dell'intero libro per farlo entrare nelle mie grazie.

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